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Giovanni Serafini

Giovanni Serafini è un giovane artista che vive e lavora a Firenze. Autodidatta, si forma sin da bambino sullo studio della grafica italiana, in particolare sulla tecnica della china su carta a pennello. Dopo gli studi superiori arricchisce la propria cultura figurativa sulla grande arte italiana, dal XV al XVII secolo, conseguendo prima la laurea in Storia dell’Arte Moderna presso l’Università degli Studi di Firenze, con una tesi in arte sacra d’indirizzo iconografico, e proseguendo poi le sue ricerche iconocologiche vincendo un dottorato di ricerca in Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Siena. Sotto l’influenza dei suoi studi decide di passare dalla grafica al formato maggiore, e contemporaneamente accresce i suoi interessi filosofici in teologia cristiana e psicanalisi di scuola junghiana. Formalmente investiga la possibilità di riportare sul supporto non cartaceo l’effetto liquido della china, come l’aveva studiata da ragazzo: figure definite da luci violente, rese col solo riempimento nero delle ombre portate. Dopo molti tentativi, che lo avvicinano anche alla fotografia analogica, trova una soluzione con una tecnica da lui ‘inventata’: annerire lastre di vetro o plastica col fumo prodotto da candele o accendini. Il nudo maschile, spesso come autoritratto, è il soggetto centrale della sua opera, con ammiccamenti formali al manierismo toscano e ai caravaggisti del Seicento. Il risultato sono immagini disegnate con precisione accademica ma animate da un vibrato luminismo che sembra svaporarle dall’interno, declinandone la bellezza d’ideale classico ad una precarietà di marca esistenzialista. Esse sono come costrette tra il vigore delle loro anatomie e la fragilità della materia con cui sono tracciate, nonché nel dualismo tra la luce violente che le abbaglia e l’opposta oscurità che le annega cancellandole. Ma il tema del ‘due’, legato alla figura umana, rievocato anche dalla doppia superficie del supporto vitreo, non ha niente a che vedere né con una concezione manichea del mondo, né tantomeno taoista. Si tratta piuttosto di un esistenzialismo di radice cattolica, che riflette sulla fragilità della bellezza della vita umana, degli affetti, della materia; sulla vanità delle apparenze; sulla lacerazione tra l’abisso della possibilità nichilista e l’impossibilità di afferrare l’idea del divino. Acquisita la consapevolezza di questi significati, maturati ‘inconsciamente’ nella sua opera, Serafini li traspone anche con il media del video rielaborato digitalmente: il risultato sono opere maggiormente didascaliche, dove ritorna l’uso del colore, l’astratto geometrico, e l’apporto musicale, combinati in sequenze liturgiche, dove si compiono azioni simboliche, a opera di figure e gesti significanti.