L’emergenza che stiamo vivendo sembra unica nel suo genere, ma parlando con la nonna Carla ci siamo fatti raccontare la storia di un’altra “guerra” per molti versi simile a quella che viviamo oggi.
Stiamo attraversando un periodo che è stato definito “senza precedenti”. Una crisi sanitaria globale che ci sta facendo riconsiderare ogni aspetto della vita, nel pubblico come nel privato.
Questa emergenza sembra unica nel suo genere, ma parlando con la nonna Carla (a distanza di sicurezza!) ci siamo fatti raccontare la storia di un’altra “guerra” per molti versi simile a quella che viviamo oggi.
La Seconda Guerra Mondiale e l’ospedale pediatrico Meyer
Durante la Seconda Guerra Mondiale la Pensione accolse dapprima i piccoli pazienti dell’ ospedale pediatrico Meyer; fu poi occupata da soldati americani e inglesi, fino alla liberazione.
Era il 1942, già da due anni la guerra aveva impossibilitato il turismo, e fu così che Paolo Simoni, accolse di buon grado la possibilità di aprire le porte della villa (chiamata dalla famiglia “la Casa”) agli ospiti dell’ “Ospedalino Meyer” (così pittorescamente battezzato dai fiorentini). L’ospedale doveva infatti, per ragioni di sicurezza, essere rilocato lontano dalla ferrovia che lo costeggiava (Campo di Marte).

Oltre a ridare diversa e nuova utilità alla Villa, gli introiti provenienti dall’affitto al Meyer permisero alla famiglia Simoni l’affitto di due locali di Villa Bellagio, confinante con Bencistà, per ospitare la mobilia e le suppellettili della casa, che ne doveva essere svuotata per accogliere l’ospedale. In mancanza dei mezzi necessari per finanziare strumenti più consoni al trasloco della mobilia, Paolo Simoni e suo figlio Simone si sobbarcarono in prima persona le fatiche di una tale operazione. Il nonno Simone racconta ancora molto spesso l’incredibile fatica di trasportare i pesanti mobili sulle spalle, e quanto questa operazione fu indispensabile per salvare le future sorti dell’albergo.
Dopo i due anni del Meyer Villa Bencistà fu infatti occupata da ospiti per così dire meno “riconoscenti”: le truppe tedesche prima e inglesi poi. Se Paolo e Simone non avessero effettuato con la loro forza fisica lo spostamento di tutta la mobilia, oggi non potremmo godere l’atmosfera unica creata nelle stanze e nei salotti della Pensione dai mobili antichi collezionati dal medico Pietro, il primo ad iniziare la storia della famiglia Simoni a Villa Bencistá.
Le truppe tedesche
Nell’agosto del 1944 il Meyer fu infatti rilocato in centro a Firenze presso l’attuale ospedale di a Santa Maria Nuova poiché Firenze era stata dichiarata“Città Aperta” e si sperava, come infatti avvenne, che sarebbe stata rispettata come tale. Poco dopo i tedeschi si presentarono a Villa Bencistà di buon mattino, minacciando di far saltare in aria la porta d’entrata se non gli fosse stato permesso l’accesso. Obbligarono la famiglia (che fino ad allora aveva abitato la villa condividendola con i piccoli ospiti del Meyer) a lasciare la Pensione. La famiglia scappò “il più lontano possibile” (ovvero in città, a Firenze) lasciando Bencistà alle truppe tedesche che ne presero possesso posizionando le loro mitragliatrici alle finestre del primo piano, affacciate su Firenze.
Fiesole fu liberata
Fiesole fu liberata il 28 agosto del 1944. Al piano superiore dell’ala est restano tuttora le scalfitture delle mitragliatrici inglesi che vinsero i tedeschi liberando anche Bencistà dal nemico. In seguito Simone Simoni si oppose fermamente alla ristrutturazione della pavimentazione in graniglia, volendo mantenere traccia degli storici eventi scalfiti nella sua memoria, come tangibilmente nella pietra della pavimentazione.
Nei due anni precedenti (1942-44) non ci fu una pandemia, ma un’epidemia di difterite da cui furono colpiti anche alcuni bambini della famiglia Simoni. La malattia colpì molti piccoli pazienti che però riuscirono a guarire grazie all’eroica opera del professor Cocchi (medico di base fiorentino al quale è stata dedicata una strada a Firenze) che creò un area d’isolamento nella Torre di Villa Bencistà, e seguì le famiglie in questo difficile periodo.

Bencistà rimase chiusa dal 1940 al 1947, quando fu riaperto solo il piano terra della villa per i pochi turisti che riprendevano il loro girovagare. Metà della famiglia Simoni però – temendo un fallimento dell’attività- si volle dissociare, lasciando solo a Paolo la difficile impresa della gestione della “casa”. La villa era infatti alquanto disastrata dal passaggio della guerra e in particolare delle truppe tedesche ed inglesi che avevano duramente compromesso la struttura in un momento in cui soldi da investire in ristrutturazioni scarseggiavano: non si lavorava da ben 7 anni!
Ancora una volta Paolo non si fece intimorire da questa ennesima difficoltà: nel 1948 si intestò la licenza alla Camera di Commercio, deciso a rilanciare l’attività.
E fu così che, nella sua lunga storia, Bencistà ebbe modo di aprire le sue porte alle epidemie ed agli eserciti nemici. Soprattutto però, non esitò a riaprire le sue porte al futuro che, oltre la guerra, si presentava con le sue mille sfide, promesse ed opportunità.
Speriamo di avere il coraggio e la resilienza dei nostri avi nell’attendere pazientemente, ma sempre attivamente, il passaggio di questa nuova crisi globale, per rilanciare con creatività la Pensione nel mondo – sicuramente diverso- che erediteremo dopo il suo passaggio.