Si parla molto a Firenze, in questi ultimi tempi, del restauro dei mosaici del nostro “Bel San Giovanni”. Raitre ha trasmesso a questo proposito una serie molto interessante di interviste a restauratori e responsabili di questo lavoro.
A Bencistà l’argomento non è nuovo infatti già negli anni trenta del secolo scorso nella sala terrena della Pensione si leggeva un annuncio così:

Ed era un pubblico speciale, non “mordi e fuggi”, un pubblico che piacerebbe anche al nostro sindaco Nardella che sempre auspica lo sviluppo del turismo intellettuale a Firenze. Infatti il dottor Simoni, appartenente alla prima generazione dei proprietari e gestori di Bencistà, introducendo la sua conferenza, dice testualmente:
“Non ho nessuna voglia di tediarvi. So quello che volete, un’ora di passatempo intellettuale che vi serva di guida a gustare le bellezze della nostra città. Ho anche fiducia nell’interesse che gli ospiti della Pensione Bencistà hanno sempre dimostrato per lo studio dell’arte e specialmente dell’arte fiorentina. È gloria della Ditta avere ospiti tali.”
C’erano stati altri periodi di studio e di restauro a Firenze nella zona del Battistero: dal 1895 al 1897 e dal 1912 al 1915. Probabilmente in questa atmosfera era maturato l’interesse del nonno, il dottor Pietro Simoni, il quale nei suoi appunti nomina spesso lo “Studio critico archeologico storico sull’origine del Duomo di San Giovanni” di P. F. Menegatti e “Il Duomo di San Giovanni, oggi Battistero di Firenze” di A. Nardini Despotti Mospignotti e anche gli architetti Corinto Corinti e Odoardo Galli suoi interlocutori abituali.
Gli estremi cronologici entro i quali potevano essere incluse le origini del Battistero corrispondono ai tempi di Augusto e a quelli di Dante cosicchè, trattandosi di un periodo così lungo, poteva essere un monumento di origine pagana, o cristiana primitiva, o cristiana longobarda, o romanica.

Le antiche cronache fiorentine dicevano che fosse opera romana, addirittura che fosse stato un tempio di Marte. In realtà abbiamo poche tracce di Marte a Firenze: gli antichi scrittori parlano solo dell’esistenza di una piscina appartenente alla comunità dei romani che si chiamava “Bagni di Marte”. Gli scavi fatti nella piazza vicino a via Cerretani e Borgo San Lorenzo provano che la tradizione corrisponda a verità. Esisteva anche una statua di Marte al Ponte Vecchio, la quale fu travolta dalla piena del 1333, ma è probabile che le pietre della statua ripescata in Arno, dov’era finita a causa della piena, non fossero altro che parte di una statua di un qualche cavaliere romano o fosse un reperto gotico, specialmente perché Marte rappresentato a cavallo non si era mai visto.
Secondo gli storici moderni invece il Battistero di San Giovanni è un edificio romanico iniziato nel 1059 e finito un secolo dopo, all’epoca della palla di rame sulla lanterna .
Un secolo fa forse non era così chiara quest’affermazione, ma sentiamo cosa diceva il dottor Simoni nella sua conferenza.
“Entriamo insieme nella piazza San Giovanni e mettiamoci nell’angolo ove oggi è la bella loggetta gotica detta del Bigallo. Qui, lavorando di immaginazione, riferiamoci alla prima metà del secolo XII presso a poco al tempo di Cacciaguida, il trisavolo di Dante. Sulla scorta delle tracce storiche e archeologiche vediamo di ricostruire quest’angolo della città compreso allora entro il cerchio delle mura (la cerchia antica di Dante). I tram way a quei tempi non c’erano, che felicità! Non c’erano le automobili né le carrozze spinte a grande velocità dagli inesorabili vetturini che insensibili al vostro amore per l’arte vi obbligano a fuggire anche se soffrite di gotta. La quiete regna in questo angolo della piccola città, passano quieti gli artigiani e i mercanti per i loro affari, le donne scarseggiano perché sono intente ai loro lavori nelle case, quelle che vediamo hanno apparenza modesta, cortese e buona.
“Non avea catenella, non corona, non donne contigiate, non cintura che fosse a veder più che la persona”
Dante, Paradiso
Un secolo fa forse non era così chiara quest’affermazione, ma sentiamo cosa diceva il dottor Simoni nella sua conferenza.
“Entriamo insieme nella piazza San Giovanni e mettiamoci nell’angolo ove oggi è la bella loggetta gotica detta del Bigallo. Qui, lavorando di immaginazione, riferiamoci alla prima metà del secolo XII presso a poco al tempo di Cacciaguida, il trisavolo di Dante. Sulla scorta delle tracce storiche e archeologiche vediamo di ricostruire quest’angolo della città compreso allora entro il cerchio delle mura (la cerchia antica di Dante). I tram way a quei tempi non c’erano, che felicità! Non c’erano le automobili né le carrozze spinte a grande velocità dagli inesorabili vetturini che insensibili al vostro amore per l’arte vi obbligano a fuggire anche se soffrite di gotta. La quiete regna in questo angolo della piccola città, passano quieti gli artigiani e i mercanti per i loro affari, le donne scarseggiano perché sono intente ai loro lavori nelle case, quelle che vediamo hanno apparenza modesta, cortese e buona.
“Non avea catenella, non corona, non donne contigiate, non cintura che fosse a veder più che la persona”
Dante, Paradiso
Supponiamo che la Piazza sia ammattonata con mattoni per ritto, come i cortili degli antichi castelli, nel mezzo vediamo il Battistero: è un vasto edificio ottagonale diviso in tre ordini. Il primo ordine ornato e rafforzato da pilastri che sorreggono una trabeazione (soltanto le porte sono fiancheggiate da colonne), il secondo ordine, ornato di archi voltati su leggere colonne ottagonali, il terzo ordine, l’attico, è diviso in tre specchi da leggeri pilastri scannellati. Il tetto piramidale ricopre l’edificio e termina in cima con la lanterna sorretta da colonnine. Esternamente l’edificio è tutto rivestito di marmo, i fondi bianchi delle pareti sono decorati e frazionati da grosse fasce nere che danno forza alle linee architettoniche. I pilastri d’angolo sporgono rivestiti di bozze bianche e nere, alternate e sovrapposte, ma noi, per il nostro scopo torniamo indietro nel tempo e ce li figuriamo spogli e fatti di macigno. Lo zoccolo a basamento, oggi molto basso, appena visibile, è di marmo bianco ma noi ce lo dobbiamo figurare più alto e di macigno come i pilastri d’angolo. Non è il basamento che è stato abbassato, ma il livello della Piazza che è stato alzato. Entrando in chiesa si scendono due scalini, in antico se ne dovevano salire vari, sia che esistesse una gradinata estesa a tutto il pavimento della fabbrica, come vogliono alcuni, sia che la scalinata fosse solo davanti alle porte come vogliono altri. Ad un lato dell’ottagono, quello verso ponente, è addossata una costruzione rettangolare. Il Villani, cronista del 1300, la chiamò la “scarsella del San Giovanni”, nome curioso ma assai espressivo, perché la scarsella ogivale a tasca è un luogo aggiunto alla capacità del tempio e ne costituisce l’abside. Dietro la scarsella del San Giovanni, all’epoca della Firenze romana, passava la via principale della città, quadrata, e militare. La limitava a ponente, come oggi, il Palazzo del Vescovo. Un’antica finestra bifora tornata alla luce non molti anni fa, rarissimo esempio dello stile lombardo a Firenze, oggi ricostruita nel museo di San Marco, aiuterà la vostra immaginazione a tornare indietro nei secoli. Dalla parte di mezzogiorno, presso la loggetta del Bigallo, si innalzava per 120 braccia una torre detta del Guardamorto perché in una stanza a terreno si tenevano i morti in osservazione prima di dar loro sepoltura. Altre torri, severe come fortilizi, spuntavano al di sopra dei tetti delle case fitte e alte più che larghe. Erano le torri dei Grandi o Magnati vale a dire delle famiglie più ricche ma senza titoli nobiliari, gente che aveva fatto fortuna con il commercio o era discesa dalla piccola nobiltà feudale oppressa nel contado dai grandi feudatari che erano invece conti, marchesi e duchi. Codesti Grandi delle città si assimilavano al popolo, lo comandavano e lo governavano.
Le mura della città, andando da ponente a levante, attraversavano l’area dove oggi è il Duomo, specialmente la sua tribuna. Erano aperte sulla porta che fu detta in seguito “dei Visdomini”, sull’attuale Via dei Servi, seguivano poi la via detta oggi del Proconsolo e andavano dirette all’Arno. Verso Ponente invece le mura, arrivate presso il Palazzo Vescovile, si aprivano in una porta che appunto per questo fu detta “del Vescovo”. Attraverso quella porta in pochi passi si andava alla Basilica di San Lorenzo, la più antica di Firenze, fatta e rifatta tante volte. Dalla porta del Vescovo le mura si dirigevano lungo l’attuale Via dei Cerretani, bagnate dal Mugnone che le incontrava presso la chiesa di Santa Maria Maggiore e voltavano ad angolo per seguire l’attuale via Rondinelli. Il Mugnone formava “il passo di difesa” delle mura e le seguiva nel suo decorso fino all’Arno.
Dal punto di vista strutturale sappiamo che l’architettura romana usava compensare il peso delle grandi cupole costruendo grosse muraglie di sostegno adeguate a sostenerlo, invece qui la cerchia delle mura di San Giovanni non costituisce un esempio di grande spessore uniforme come sarebbe stato se fosse un edificio romano. Altre informazioni ci sono date dagli scavi eseguiti durante le varie sistemazioni della Piazza, alcuni sotto la stessa chiesa. Vennero alla luce resti di fondamenta di sontuosi edifici romani, in gran parte decorati da bellissimi mosaici. Questo fatto è interpretato come reperti delle costruzioni distrutte da Silla quando venne a vendicarsi della colonia romana al tempo dei Cesari. Dopo queste distruzioni la colonia romana di Firenze era in gara con Roma per la ricostruzione di edifici pubblici e palazzi. A questo periodo infatti si fanno risalire gli altri monumenti romani ritrovati negli scavi di Firenze come il Foro che sorgeva dov’è la Piazza Vittorio (oggi Piazza della Repubblica) e il Campidoglio che sorgeva di lato. Vicino a questa piazza sorgeva anche la Chiesa di San Giovanni. I mosaici erano nello strato più basso degli scavi, a contatto col nudo suolo e più tardi furono ricoperti da altri impiantiti fatti di lastre di marmo e di grosse pietre. Erano quest’ultimi i resti di un cimitero dell’epoca longobarda. Arriviamo alla conclusione che il nostro Battistero non può essere un’opera romana, né può essere stato fatto prima del VI secolo se il sito era occupato da una sepoltura barbarica.
È vero che il tempio ha una decorazione classica romana, ma bisogna ricordare che in tutta Italia e specialmente in Toscana il sentimento della Roma classica durò almeno fino al Medioevo cedendo solo all’influenza lombarda e bizantina. A Firenze l’arte fu quasi del tutto immune dalle influenze straniere e per questo lo stile fiorentino dopo il X secolo, sebbene mostrasse una nuova tendenza artistica e restasse fedele all’antica tradizione romana unendola agli elementi locali, formò lo stile romanico fiorentino.”
Questo era il modo in cui il vecchio dottor Simoni amava presentare ai suoi ospiti luoghi e caratteri della nostra gente e della nostra città e questo era il sistema forse un po’ romantico e poetico che però è sempre stato apprezzato grandemente dai nostri clienti. In questi tempi difficili noi della quinta generazione speriamo solo di riprendere e ricreare quest’atmosfera qui alla Pensione Bencistà.